L’impatto dell’uomo sui cambiamenti climatici è tra gli argomenti più discussi ultimamente, anche per via della conferenza svoltasi a Parigi lo scorso autunno.
Durante i nostri studi in ambito energetico al Politecnico di Milano, ci siamo dovuti confrontare spesso con questa problematica. Nonostante sia diffusa l’idea che quella antropica sia la principale causa del riscaldamento globale, ci sono ancora molti elementi su cui si dibatte.
L’opinione pubblica, i mass media, si sono focalizzati molto sull’anidride carbonica (diossido di carbonio, CO2) e della sua rilevanza nella questione. C’è praticamente la certezza che il suo aumento in atmosfera arrivi dal consumo di combustibili fossili da parte dell’uomo, però è più dubbio se effettivamente il suo ruolo come gas serra sia determinante nell’aumento della temperatura del pianeta. Spesso ci si dimentica di gas ben più efficaci nel causare l’effetto serra, quali vapore acqueo, metano (CH4) dovuto in larga parte agli allevamenti e altri agenti dovuti a industrie (in particolare di componenti elettronici) ed estrazioni minerarie.
In realtà una discussione sulle cause del riscaldamento globale non è l’obiettivo di questo articolo. Vogliamo invece proporre un approccio differente alla questione.
La buona notizia è che qualunque sia il ruolo dei gas serra sul clima, il loro controllo e la riduzione delle emissioni vanno di pari passo con il monitoraggio di agenti inquinanti ben peggiori (solfuri, ossidi di azoto, particolati, monossido di carbonio). Ciò fa comprendere come la spinta all’adeguamento con moderne tecnologie, che raggiungono grandissime efficienze contro gli inquinanti, e la propensione verso fonti energetiche “pulite”, debbano arrivare da leggi concordate e coordinate a livello internazionale.
È il tentativo effettuato con le varie conferenza climatiche, trovare un difficile accordo con paesi in via di sviluppo che, per avere ritmi concorrenziali con i paesi già sviluppati, necessitano di energie economiche, efficaci, reperibili e ben consolidate quali sono le fonti fossili. D’altra parte i paesi più industrializzati, per arrivare alle attuali condizioni economiche, ne hanno ampiamente abusato, senza nessuna etica ecologica o patemi sull’inquinamento. Persino oggi gli USA sono restii a ratificare gli accordi delle varie Conferenze delle Parti. Perciò può essere comprensibile il malcontento degli stati che hanno bisogno di carbone, petrolio o gas, quando ora si pretende un loro adeguamento alle restrizioni. In questo senso, con la COP 21 di Parigi i paesi più sviluppati hanno deciso di versare 100 miliardi di dollari all’anno, per sostenere lo sviluppo di una logica energetica integrata con le fonti alternative.
La velata ipocrisia che emerge da questi trattati, comunica bene la complessità di arrivare a un punto di intesa intrecciando interesse per il pianeta, controllo strategico delle risorse, accordi commerciali, alleanze e simpatie tra i vari stati, et cetera.
Vale certamente la pena di questa faticosa ricerca di una strada comune, verso il minore impatto ecologico.
Ma quale potrà essere il minor impatto ecologico? Forse il più grande abbaglio nell’opinione pubblica è che si possa giungere, in breve termini, a un’indipendenza dai combustibili fossili. Semplicemente non è possibile.
Attualmente le fonti energetiche chiamate “rinnovabili” sostengono circa il 20% della richiesta mondiale, elettrica e non. Esse sono costituite in larghissima parte dall’idroelettrico, che ha ormai raggiunto il limite di sfruttamento massimo sul territorio italiano. Fotovoltaico, eolico sono lontanissimi dal poter dare un peso rilevante, tantomeno si può contare sul geotermico; la statistica include anche biomasse e bio-comubustibili la cui sostenibilità ecologica ed etica è largamente discutibile. La produzione nucleare si attesta intorno al 3% e, oltre a meritare un discorso a parte, sarà destinata a calare.
Il pregio maggiore attribuito alle energie, per l’appunto dette pulite, è quello di non avere emissioni inquinanti, ma questo è ben diverso dall’affermare che non abbiano alcun impatto ecologico. Prendiamo ad esempio la Diga delle Tre Gole in Cina sul Fiume Azzurro: produce energia idroelettrica equivalente a più di 20 centrali termoelettriche di grossa taglia, la sola struttura in calcestruzzo della diga è lunga 3 km e alta 200 m. Ha sepolto col suo bacino intere città e siti archeologici, facendo trasferire 1,4 milioni di abitanti e causato gravi problemi all’ecosistema locale. Se, invece, volessimo estrarre energia dal vento allora rassegniamoci a vedere decine di pale lunghe come campi da calcio che ruotano lungo i nostri litorali, oppure interi km quadrati coperti da pannelli solari, per sostituire una singola centrale termoelettrica. Per non parlare dei rischi dell’energia nucleare. O dei campi coltivati estirpando foreste e sottraendoli all’agricoltura per produrre biocombustibile. L’energia geotermica è una fortuna geologica che non tutti i paesi hanno; noi l’abbiamo e la stiamo sfruttando al massimo, per esempio in Toscana, ma il suo apporto alla causa è minimo.
La questione del riscaldamento globale è fatta di queste grandi contraddizioni, di detto e non detto, di moda verso la ricerca del “green”, un grande mercato in espansione costante che sfrutta la morale del sentirsi a posto col mondo combattendo lo spauracchio anidride carbonica come se fosse il demonio, quando è un gas totalmente innocuo per l’uomo ed esistono veleni ben peggiori anche per il pianeta.
La dura verità con cui dobbiamo confrontarci è che attualmente non possiamo fare a meno dei combustibili fossili. È un’energia che ci accompagnerà ancora a lungo ed è l’unica fonte che ci permette di mantenere i consumi attuali.
Oggigiorno la strada da seguire è quella del giusto compromesso tra gli aspetti ambientali, energetici ed economici, del maggior impegno nella ricerca verso tecnologie più efficienti e dello sfruttamento coscienzioso delle risorse. Con petrolio, gas e carbone parliamo di efficienza dei consumi e quindi riduzioni degli inquinanti; inoltre esistono tecniche avanzate come quella della cattura e dello stoccaggio dell’anidride carbonica: questa non è più rilasciata in atmosfera, ma sepolta sotto terra per estrarre nuovo combustibile. I pannelli solari possono aiutare se sono posizionati in Sicilia, mentre ora, anche a causa di una politica discutibile di incentivazione, si concentrano nelle regioni settentrionali. L’energia eolica può essere una risorsa, se non deturpa il paesaggio interferendo con risorse ben più importanti per il nostro paese, come il turismo. Le energie rinnovabili, in Italia, sono utili per ricercare l’indipendenza energetica e non solo per preoccuparsi del clima; inoltre la loro maggiore qualità è la disponibilità gratuita, quindi per quel che riusciamo è giusto sfruttarle fino in fondo.
Il vero compromesso va ricercato, soprattutto, nella riduzione degli sprechi da parte di ognuno di noi, perché ad inquinare veramente non sono le grosse centrali, ma le piccole caldaie delle abitazioni e se si vuole far del bene al pianeta non è necessario comprarsi l’auto elettrica, ma semplicemente usarla di meno.
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