Silvio Berlusconi appare immortale e immutabile; è solo un’altra illusione di un venditore di stiracchiate speranze. Noi ora proviamo a dare lettura del Berlusconi 2017, quello che pur non potendosi candidare è ancora sulla cresta dell’onda, una fenice che è risorta dopo l’uccisione, firmata Matteo Renzi, nell’elezione di Mattarella, ma che non è nemmeno alla sua prima resurrezione politica. Il suo modello, strettamente demagogico, resiste nonostante sia privo di un’ideologia, uno scopo ultimo; egli si prefigura da sempre come capo dei “moderati”, una moderazione, appunto, puramente ideologica, perché la libertà propagandata è intesa, sì in ambito liberista, ma soprattutto come assenza di remore, figlia del soddisfacimento dei piaceri caratteristico dell’edonismo reaganiano. Continua a leggere “L’eterno ritorno”
Autore: politeiaitalia
La legge antifascistissima
La legge “antifascista” era uno spunto di riflessione su cui ci volevamo concentrare dal caso del bagno adriatico antidemocratico che, per primo, ha portato sotto i riflettori il disegno di legge approvato l’altro giorno dal senato. Era un trend del momento e lo è stato a livello internazionale. In particolare negli USA in cui la deriva dell’Alt Right come quella dell’Alt Left sembrano già aver anticipato ogni sfogo che fascismo e revisionismo possano toccare. Manifestazioni razziste e di estrema destra, miscelate con quel gusto dell’orrido squisitamente statunitense per il Ku Klux Klan, o rabbiose contro-proteste verso, non solo i fascismi, ma statue, effigi e anche il povero Cristoforo Colombo, che più che simbolo di un orrore conradiano, qua in patria almeno, incarna quasi la speranza della scoperta di un mondo migliore.
Ma cosa prevede il DDL Fiano? Molto semplicemente rende illecito qualsiasi comportamento che possa inneggiare apologeticamente all’epoca fascista, con immagini e con atteggiamenti, nello specifico il classico saluto romano o la vendita di bandiere con croce uncinata. Di fatto è una limitazione di espressione figurativa e non un divieto intellettuale, però si sa che i fascisti hanno sempre preferito l’azione fisica a quella mentale e le polemiche, scaturitesi fin da subito, con toni forti propagandeggiavano già una restrizione della libertà di pensiero. Le polemiche sono l’anticamera della demagogia. La legge fungerebbe da piede che schiaccia la possibile propagazione di braci fasciste, da sempre sparse sulla penisola, che grazie anche ai social network (il DDL infatti inasprisce le pene se l’apologia si verifica sul web) hanno trovato ossigeno per alimentarsi e per esprimersi in tristi rivisitazioni di manifesti di Boccasile, piuttosto che in commemorazioni repubblichine al cimitero o addirittura una programmazione in data sospetta di una certa marcia da commemorare nella capitale. Non è una presa di distanza dalla storia, è un riconoscere che quello che c’è stato non ci dovrà mai più essere, limitando la propaganda di quelle idee proprio tramite gestualità e immagini che han fatto la fortuna nella e della epoca fascista.
Se effettivamente ci sono avvisaglie di rigurgiti fascisti le quali, in un‘epoca populista come l’attuale, ci si può aspettare che possano avere terreno concimato (i fascismi sono nati dalla crisi della società civile e hanno poi sostituito le istituzioni democratiche), la sorpresa giunge proprio dalla presa di forza democratica che è ciò che più val la pena di far notare in queste righe. Il falso paradosso di una democrazia che limita al suo interno il fiorire di sentimenti antidemocratici, è un sintomo positivo che elude la possibilità dell’italietta asfittica facile preda di mascelloni o baffetti vari. È una legge che non vieta di vivere dei “bei” ricordi del ventennio, ma prova a prevenire il diffondersi di virus che possano portare alla fine dello stato liberale, dove non c’è libertà assoluta, ma, molto evangelicamente, c’è libertà finche non si ferisce lo stato stesso. Se nelle crisi delle società civili la popolazione ha bisogno di uno stato forte, che sia uno stato democraticamente forte!
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TAP: Tubo Ambiente Pulito
Capita spesso per le grandi opere. È successo per la TAV, per inceneritori o anche per centrali elettriche. La popolazione locale si mobilita perché giustamente teme ripercussioni ecologiche e turistiche sul territorio. Però mai ci saremmo sognati che sotterrare un tubo di un metro e venti centimetri destasse tanto trambusto da dover fermare dei lavori internazionali. Probabilmente sotto la buona fede ambientalista si nascondono politici locali a caccia di voti di pancia, ma anche scaramucce più in grande tra il presidente Emiliano e l’ex premier Renzi.
Citando lo stesso Emiliano il problema non sono gli ulivi da spostare, cosa che avviene regolarmente in Puglia, ma il luogo previsto: San Foca. A detta dei detrattori sarebbe un peccato mettere a rischio la località ancora vergine. Forse. Ma è anche vero che a livello tecnico è stata scelta come migliore tra i siti candidati e il tubo passerebbe a più di 700 metri dalla spiaggia, oltre al fatto che si trasporta gas e non certo petrolio e in più di quarant’anni non si sono mai verificati incidenti con questa tipologia di trasporto. FONTE
Ma quali sono in dettaglio le motivazioni che hanno spinto alla creazione di nuovi gasdotti? A questo risponde chiaramente lo studio pubblicato dal ministero per lo sviluppo economico, relativo alla strategia energetica italiana per il medio lungo termine.
Nonostante sia evidente la spinta verso le rinnovabili, il gas è una fonte energetica di primaria importanza per il nostro paese, che purtroppo non ha risorse sufficienti a coprire il proprio fabbisogno e per questo si affida in gran parte alle importazioni.
È quindi obbiettivo strategico per il nostro paese, secondo il ministero per lo sviluppo economico FONTE
- Assicurare un mercato concorrenziale del gas
- Garantire la sicurezza di approvvigionamento
- Integrare il paese con la rete europea, rendendo l’ italia un centro nevralgico per il trasporto di gas all’europa
- Abbassare i prezzi del gas per i consumatori
- Incrementare i margini di sicurezza del sistema gas
Il TAP in questo senso è uno dei diversi progetti atti a seguire questa strategia, in particolare trasporterà gas dalla Grecia all’Italia. Arrivando alle coste pugliesi dopo aver percorso gli oltre 800km che lo collegano al TNAP, gasdotto proveniente dalla Turchia.
In conclusione, nonostante la consapevolezza che per molti possa essere emotivamente difficile vedere dei lavori di posizionamento o sapere che proprio dietro l’angolo sia presente un’ arteria per il trasporto di gas naturale, dal punto di vista globale è un’assurdità fermare i lavori di un’opera strategica per il nostro paese e che obbiettivamente ha un basso impatto ambientale.
Cosa significa legalizzare?
Il tema della liberalizzazione, affrontato già positivamente in molti stati occidentali, è ancora molto arretrato nel nostro paese, sebbene il consumo di Cannabis sia una realtà di cui si deve prendere atto. Anche la freschissima presa di posizione di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, a favore della depenalizzazione della Marijuana testimonia quanto sia necessario discuterne. Temi considerati più urgenti, ma anche mentalità ristretta e disinformazione sono i motivi di questo ritardo legislativo che sarebbe bene colmare al più presto, con benefici di carattere economico, legale e di rispetto nei confronti delle libertà del cittadino.
Già alcuni paesi esteri hanno adottato politiche meno restrittive. Famoso è il caso olandese, ma anche in Spagna è permessa la vendita. In portogallo c’è stata una depenalizzazione del possesso di ogni droga fino a un determinato quantitativo, ma la vendita rimane illegale. Gli stati uniti stessi che diedero inizio alle politiche di proibizione negli anni ‘30, oggi contano numerosi stati in cui la marijuana è tornata legale e acquistabile. Questo ha fatto sì che si sia ottenuta una maggiore regolamentazione grazie a politiche di reintegrazione e controllo e sensibilizzazione verso le droghe, un po’ come le campagne contro il tabacco che hanno ridotto di gran lunga i fumatori e cambiato il modo di vedere il fumo.
Gli effetti di queste politiche sono difficili da definire in maniera univoca, ma di sicuro avranno un impatto positivo su molteplici aspetti: Continua a leggere “Cosa significa legalizzare?”
Referendum Costituzionale, un Sì per il progresso.
Gli italiani saranno chiamati a votare il giorno 4 dicembre. Nonostante siano fioccate lunghe discussioni in queste ultime settimane, né i sostenitori del sì né i sostenitori del no a nostro avviso hanno argomenti assolutamente convincenti, in grado di far pendere la decisione da una o dall’altra parte. Si è piuttosto vista una forgia di false notizie, diventate tormentone e una campagna ben lontana da un dibattito razionale basato sui contenuti (sotto l’articolo trovate alcuni documenti che danno un punto di vista imparziale).
Dovendo però dare un’indicazione di voto, in quanto astenerci ci pareva troppo ignavo, dopo interminabili dibattiti ci siamo convinti a votare sì. Di seguito presentiamo le motivazioni che ci hanno portato a questa scelta. Continua a leggere “Referendum Costituzionale, un Sì per il progresso.”
Elezioni USA 2016
C’era uno spettro che si aggirava per l’America: lo spettro del populismo. Si è concretizzato in Donald J. Trump, un ossigenato settantenne che presto siederà sulla poltrona di colui che tradizionalmente è indicato come uomo più potente del mondo.
In queste ultime elezioni, è stato colto dall’elettorato americano il frutto maturo dell’albero della paura sociale, alimentato in questi anni dalla linfa della crisi economica, della rivoluzione tecnologico-digitale, dell’immigrazione. Si è preferita questa pianta a quella, più scarna e antica, della politica tradizionale che riproponeva una candidata, Hilary Clinton, simbolo di quella classe dirigente che non aveva compreso e che non era riuscita a gestire le problematiche che tanto fanno ribollire, anche giustamente, le pance di ogni paese.
Così dopo le cavalcate europee e la “Brexit”, le demagogie prendono forma anche in America. Si leva un altro monito verso coloro che possono riformare una classe politica diversa, degna finalmente di questo nome; perché se quest’ultima non è che l’eco della voce del popolo è anche vero che questa voce è strozzata dall’astensionismo (cronico negli USA). Come affermiamo da tempo, ciò è dovuto anche alla proposta del panorama politico che è troppo impegnata ad incanalare le paure, di cui sopra, in voti per il proprio partito, esattamente come ha fatto Trump negli USA.
Lo stesso Matteo Renzi, che ha dimostrato più volte astuzia politica, è un frutto di questi tempi, un demagogo dalle mance facili. Eppure, spesso, appare come il male minore, come Hilary appariva negli USA. Ma essere il male minore, in questi tempi di stomaci borbottanti, non basta più per vincere; tra meno di un mese toccherà a noi italiani votare e non nascondiamo un certo sollievo nel giudicare i risvolti di questo referendum meno deleteri, rispetto a quelli statunitensi di qualche giorno fa o a quelli britannici di giugno. Peccato che la scelta, più che sui contenuti come suggerirebbe una discussione politica sana, sarà o prolungare i cinguettii del presidente del consiglio o star a guardare che accade con un voto negativo, anche se così c’è il rischio che gli spettri diventino in carne e ossa pure da noi.
Sul referendum britannico
È facile a dirsi, gli Stati Uniti d’Europa. L’utopia di un’unica grande nazione, dove vivere sereni e paritari dopo mille anni di lotte, dopo un intero secolo di guerre, muri e cortine. Sembrava impossibile, ma pian piano si era riusciti a costruire qualcosa. Quasi si auspicò che dopo l’unione monetaria il resto seguisse velocemente. Ma non si era tenuto conto degli individualismi inglesi, tedeschi e francesi, del malgoverno italiano, delle speculazioni spagnole e dei trucchi della Grecia. Tutti acciacchi che il vento gelido americano della crisi economica fece affiorare all’improvviso.
Così la Giovine Europa, infante ammalata, si sorbì l’amara medicina dell’austerità economica e dopo mesi di convalescenza, sì scoprì nuda e tremante di fronte alle ondate migratorie. Fu impreparata nel coordinare un’azione efficace per prevenire la migrazione di interi popoli e quando si trattava ormai di accoglierli e integrarli, ecco l’astio intestino riaffiorare. Muri concreti e ideologici si alzarono. La demagogia galoppante, a cavallo dell’opinione che l’Unione Europea aveva fallito.
2 giugno 1946
Settant’anni fa l’Italia dovette scegliere. Scegliere tra la forma di governo che praticamente aveva prevalso da quando Ottaviano formò il suo principato 27 anni prima della nascita di Cristo, fino a quel 2 giugno 1946. Certo ci sono state forme monarchiche diverse nel corso dei secoli, probabilmente la monarchia che si sarebbe formata avrebbe preso come modello quella parlamentare britannica. Però l’Italia veniva da qualcosa di diverso, di più aspro e duro. La dittatura e una guerra che aveva spezzato in due il paese. Per vent’anni gli italiani si erano riconosciuti in una guida, un uomo carismatico e insieme a lui al re. Forse la stanchezza e lo sfacelo di questa situazione giocarono a favore di una nuova forma di governo, ma non dimentichiamo che vent’anni prima, in una situazione meno difficile di quella presente all’epoca del referendum, la popolazione scelse proprio una figura forte, per risollevare le sorti dell’italietta asfittica e imbelle. Sappiamo tutti che è più facile affidarsi ad altri, rimettersi in mani che sembrano forti e consapevoli, che ci rappresentino e facciano il nostro paese ancora grande. Ma settant’anni fa non vinse l’Italia autarchica e fiera. Vinse l’Italia dei partigiani, vinse l’Italia delle persone che si caricarono sulle spalle le rovine della guerra, vinse l’Italia delle persone che si presero le proprie responsabilità civiche, ma anche il loro ruolo politico come singoli di un’unica entità chiamata stato. In breve, vinse la Repubblica.
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Unioni civili: quanta fatica per dare felicità
Non ci eravamo ancora espressi su questa riforma, ma la ritenevamo necessaria come l’aria, in quanto va a riconoscere un diritto fondamentale, la cui mancanza fu tra l’altro condannata dal tribunale europeo per i diritti umani. Purtroppo è una legge mutilata nel nome quanto nei contenuti e con piccole distinzioni interne che hanno il tanfo della discriminazione. Noi avremmo voluto il riconoscimento di diritti paritari con le coppie eterosessuali, come il matrimonio e le adozioni.
Ci troviamo, invece, con una legge che potrebbe risalire a vent’anni fa, pur sempre giovane rispetto alle argomentazioni contrarie alla sua approvazione, che paiono invece risalire agli albori del XX secolo. Inoltre tutto il dibattito che è avvenuto a febbraio, ha dato luogo a una odiosa prostituzione intellettuale da parte di gruppi politici quali Lega Nord, Fratelli d’Italia e Ncd, che tra Pirelloni illuminati e dichiarazioni da inquisizione spagnola, hanno cercato di raccogliere più voti possibili tra le file dell’arretratezza culturale. Continua a leggere “Unioni civili: quanta fatica per dare felicità”
Il dibattito sul conflitto di interessi
Il governo di Matteo Renzi ha appena oltrepassato una mozione di sfiducia, richiesta dall’opposizione dopo il caso Tempa Rossa. Il ministro per lo sviluppo economico Federica Guidi si è dimessa a causa dei vantaggi che il suo compagno, Gianluca Gemelli, avrebbe tratto grazie a lei, in una situazione in cui si sarebbero verificati anche dei possibili illeciti. Il capo del governo in persona si è dovuto assumere la responsabilità dell’emendamento incriminato, sia per difenderne la bontà, sia per togliere impopolari sguardi dall’altro ministro coinvolto nella legge, Maria Elena Boschi. Ella, uno dei personaggi più in vista dell’esecutivo, si trova già in una situazione quantomeno delicata a causa del padre, immischiato nel fallimento di Banca Etruria; il nuovo scandalo in Basilicata le sarebbe potuto essere fatale.
Filo rosso di queste vicende, è una delle piaghe della politica italiana, il conflitto di interessi. Sua incarnazione più eloquente fu Silvio Berlusconi, magnate dell’editoria e della televisione, che con il suo strapotere mediatico poneva grossi dubbi sulla pluralità e sulla democrazia di informazione. Emblema di quanto fosse uno tra i maggiori fruitori dei vantaggi che derivano dal potere politico, il suo governo promulgò nel 2004 la legge n. 215 del 20 luglio, che tra le polemiche attenuava il concetto di conflitto di interessi stesso.
La situazione odierna, che deriva da quella legge, in sostanza permette di intervenire solo se avviene il fatto, o meglio se è giudicato che da una posizione di potere deriva un interesse economico personale e un danno all’interesse pubblico, che deve essere dimostrato con tutte le difficoltà del caso. Noi crediamo che per preservare la trasparenza e la leale concorrenza economica e per essere in grado di adempiere al buon esercizio della carica pubblica, di qualsiasi ordine e livello, bisogna prevenire la sola possibilità che interessi privati vengano avvantaggiati grazie a un certo ruolo decisionale.
Attualmente le camere stanno studiando un disegno di legge che reintroduce sia un concetto più autentico di conflitto di interessi, sia un meccanismo preventivo. Per noi il vero politico è subordinato alla causa pubblica e non deve temere la legislazione più intransigente, che controlli e regoli severamente le situazioni pericolose sia per i principi democratici sia per quelli economici.
Siamo felici che dopo tanto tempo si lavori ad un intervento legislativo sulla materia. È un passaggio necessario per riportarci al pari delle altre democrazie europee, per muovere finalmente dei passi verso una classe politica più corretta, per ridarci dignità.
È sconfortante, invece, vedere come i partiti attuali invece di lavorare coesi, pensino ad azzuffarsi, a sfiduciare o a togliere potere politico per accaparrarselo, spesso lottando su argomenti di minore importanza rispetto a quello che qua esaminiamo.
Le maggiori rimostranze vanno al Movimento 5 Stelle paladino di giustizia e correttezza, quanto di inabilità nel fare politica, o almeno incapacità nel continuare una collaborazione. Prima proponitore del suddetto disegno di legge alla Camera assieme al PD, poi una volta che lo stesso è approdato in Senato, oppositore, con deboli critiche di circostanza.
Come per le unioni civili, l’elezione del Presidente della Repubblica o la formazione del governo, i Pentastellati dimostrano di non poter collaborare con il Partito Democratico nonostante molti obiettivi comuni; pena l’essere tacciati dai loro elettori di collusione con la vecchia politica corrotta.
Che la seconda forza politica sia bloccata all’inazione è un gravissimo danno politico. In questo specifico caso noi saremmo d’accordo con una legge più severa di quella in discussione, ma apprezziamo che finalmente si sia giunti ad un punto avanzato dei lavori, cosa che negli anni addietro era fallita.
Per giunta si lascia l’iniziativa in mano proprio a chi, PD e alleati al governo, negli ultimi anni ha registrato parecchi casi di possibile conflitto di interessi e così facendo è davvero come se il cannibale scrivesse un libro sulla dieta vegetariana.
Contraria al DDL anche Forza Italia che essendo stata la promotrice dell’attuale legge Frattini, non può far altro che riconfermarsi baluardo degli interessi personali.
Si ridefinisce quindi il conflitto di interessi per i componenti del governo, si impedisce l’elezione di parlamentari e consiglieri regionali che potrebbero essere in conflitto e in generale si interviene per correggere un passaggio che ha minato la credibilità morale della politica. Certamente la legge che è in fase di discussione potrebbe essere migliorata. Per noi, ad esempio, si potrebbe estendere l’ineleggibilità anche ai membri di enti locali e l’incompatibilità a cariche come sindaci, assessori o presidenti delle Comunità Montane e istituire un vero e proprio organo di controllo che vigili su tutta la penisola. Siamo consci del fatto che così il problema si complicherebbe ulteriormente e che la ricerca della perfezione si discosterebbe da un approccio pragmatico, come il nostro vorrebbe essere. Proprio per questo motivo critichiamo così duramente il Movimento 5 Stelle, il quale ostacola una legge che, dopo tempo e tentativi falliti, andrebbe comunque a migliorare la situazione.
In conclusione siamo fiduciosi che possa esistere una classe politica onesta, disinteressata e desiderosa solamente di fare il bene dello stato; per questo, noi in primis come associazione politica, ci impegniamo affinché questi valori siano una condizione necessaria, ma non sufficiente, nel prendere le nostre decisioni e nel sostenere i nostri candidati.
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